Nato in un piccolo negozio di Manhattan, il brand di streetwear più popolare degli ultimi tempi ha raggiuto una fama globale. La storia di Supreme è quella di un marchio che debutta realizzando abbigliamento per skater e finisce per conquistare le prime file dell’alta moda.
Come nasce un brand di successo? Spesso per via di una serie di casi fortuiti, ma solitamente è merito della vision e dell’intuizione di qualcuno, che, mantenendosi nel tempo, riesce a trasformarsi nella filosofia di un’azienda. Ripercorriamo le tappe del marchio Supreme, dai primi passi come brand di nicchia al successo.
Parleremo di
La storia del brand Supreme
Il debutto
Supreme nasce dall’idea di James Jebbia nel 1994. La storia del marchio è strettamente correlata al primo negozio aperto dallo stilista statunitense. Lo store si trovava in Lafayette Street a Soho, il quartiere alla moda di New York e vede la luce come marca d’abbigliamento per gli skater. Il concept del negozio era rivoluzionario per l’epoca ed era pensato direttamente per coloro che praticavano lo skateboard.
Grazie al grande spazio vuoto al centro utilizzabile con gli skate e ai vestiti disposti ai lati, solo entrando con lo skateboard ci si poteva sentire a proprio agio. Palesemente di nicchia e dal layout atipico, il negozio iniziò a far parlare di sé e divenne uno dei luoghi di raduno prediletti dagli skater. Non a caso, un articolo di Vogue del 1995 lo paragonò alla griffe Chanel, sottolineando come entrambi fossero un marchio di culto, anche se con una clientela differente.
Non dimentichiamo che erano gli anni della diffusione della cultura hip hop e della moda degli skate. Infatti, il successo dello streetwear si fondava sull’emulazione degli sportivi e dei rapper di successo da parte dei teenager, che potevano accedere a vestiti simili a quelli dei loro idoli nonostante il budget ridotto.
L’ascesa del brand
Nel 2004, James Jebbia aprì il secondo store Supreme, a Los Angeles. Il negozio aveva una grandezza pari al doppio rispetto al piccolo store di New York. L’aspetto più sorprendente è rappresentato dalla presenza di una vera e propria pista da skate.
Da quel momento, da brand di nicchia divenne un marchio di successo, con un susseguirsi di nuove aperture a Tokyo, Londra, Fukuoka, Parigi e Osaka. Venne anche aperto un secondo negozio a New York, nel quartiere di Brooklyn.
Lo stile Supreme
Il marchio Supreme ha volutamente scelto di non specializzarsi nella produzione di un capo di abbigliamento preciso, producendo sin dalla sua nascita un po’ di tutto. Il logo Supreme spicca per il suo design dalle linee semplici ma dal colore accattivante. Il box rosso con all’interno la scritta bianca realizzata col font Futura Italica è ispirato alle opere dell’artista Barbara Kruger, così come esplicitamente ammesso da Jebbia.
Gli articoli Supreme mescolano le tendenze underground proprie degli anni ’80. Il brand fonde in un’unica estetica i colori presuntuosi dell’hip hop, il pragmatismo dell’abbigliamento camouflage e l’anima punk degli skater.
La strategia che lo ha condotto al successo
Il modello di business che ha condotto Supreme al successo è tipico delle maison d’alta moda. I grandi marchi producono capi elitari e dal prezzo molto elevato, così da attestarsi come brand di lusso. Nonostante i prezzi degli articoli Supreme non siano paragonabili a quelli delle grandi case di moda, si tratta comunque di diverse centinaia di euro.
Uno dei meriti del brand consiste nell’aver saputo mantenere la reputazione di nicchia, l’esclusività e la difficoltà nell’acquistare i prodotti.
La sistematica scarsità degli articoli Supreme e il peculiare metodo di vendita rappresentano due dei punti di forza del business del marchio. Decidere di produrre un numero relativamente ridotto di articoli è un’ottima strategia per impedire che la crescente notorietà del brand possa spegnere l’entusiasmo della gente. Supreme presenta ogni settimana nuovi prodotti, così da mantenere alta l’attenzione della stampa.
Non dimentichiamo che il marchio ha promosso innumerevoli collaborazioni internazionali con griffe come Nike, Vans, Playboy, Levi’s e perfino Louis Vuitton.